Differenze culturali nel marketing: Scoprile ed inizierai a fregartene della pioggia!

Differenze culturali nel marketing: Scoprile ed inizierai a fregartene della pioggia!

Differenze culturali nel marketing? Aspetta… Prima di passare a questo rispondi a questa domanda: Ti è mai capitato di lavare la macchina e dopo un’ora ha iniziato a piovere? Immagino di sì. E così avrai iniziato a maledire il mondo… Read more

Ecco perché la pubblicità a pagamento su Facebook funziona

Ecco perché la pubblicità a pagamento su Facebook funziona

Quello che le aziende dovrebbero sapere

La pubblicità a pagamento su Facebook è un tema dibattuto, molti pensano che non ne valga la pena, che è solo una perdita di denaro: ti dimostrerò il contrario.

Pubblicità a pagamento su Facebook

Perché molti considerano la pubblicità su Facebook in modo negativo?

Perché non porta agli obiettivi che si sono prefissati, tale persone hanno puntato troppo in alto: la pubblicità a pagamento su facebook  non fa miracoli, per quelli la tecnologia non può fare ancora fare niente, Lourdes è ancora il posto più indicato. Se la tua azienda ha difficoltà a vendere, SOLO tramite Facebook advertising non risolverai il problema.

Consiglio: stabilire obiettivi realistici, per esempio aumentare le visite al vostro sito. Facebook propone una vasta serie di obiettivi tra cui scegliere.

6 motivi per usare la Pubblicità su Facebook

  • Looklike audience: questa è in assoluto la mia funzione preferita! Non solo si può decidere di far vedere il nostro annuncio ad un certo target, ma si può selezionare la nostra audience di riferimento basandoci su target simili di cui non conosciamo le demografiche esattamente. Per esempio il tuo annuncio pubblicitario sarà mostrato solo a persone simili a coloro che hanno messo Mi piace alla tua pagina, oppure ancora più interessante, le persone simili a quelle che hanno cliccato sul tuo precedente annuncio sponsorizzato.
  • Eccellente e scrupolosa selezione del tuo target = no soldi gettati via: il modo di targettizzare chi visualizzerà la tua pubblicità è certamente uno dei migliori in giro, neanche Google Adwords ti permette di stabilire parametri così precisi per selezionare la tua audience: selezioni anche gli interessi.
  • Budget: controllo totale sul tuo budget; questa funzione non è innovativa, ma è importante. Anche se non vuoi spendere centinaia di euro puoi semplicemente fissare un tetto massimo e anche decidere quando mostrare l’annuncio.

Ma adesso veniamo ai veri 3 motivi per cui dovresti usare la Pubblicità su Facebook…fb_likeicon

  • Demografiche: Facebook ti aiuta a capire chi è davvero interessato ai tuoi servizi. Come capirlo? Crea un annuncio generico che sponsorizza un servizio chiave della tua azienda e vedi i click ottenuti. Dai click puoi vedere il sesso e la fascia d’età. Questo è utile per scoprire a quale fascia d’età dovresti indirizzare i tuoi sforzi di marketing. Ricorda che una fascia d’età 60 + è sottorappresentata in Facebook.
  • Target: l’avevo già detto? No scusa, ma ancora una volta target, ma per un altro motivo. Se pensi di conoscere già molto bene il tuo target: testa le tue credenze, sponsorizza un post di Facebook con un’offerta dedicata al tuo target e fa sì che il tuo post sia visibile SOLO al tuo target. Seleziona quindi l’età, gli interessi, il sesso e altri dettagli che presumi di conoscere sul tuo pubblico.  Poi osserva i risultati, se il tuo annuncio non riceve molti click probabilmente hai mal calcolato il tuo target. Niente paura, espandi il tuo target in Facebook advertising e scopri chi è davvero interessato a ciò che offri.
  • Tempistica:nei Social Media il tempo è fondamentale, devi infatti riuscire a catturare il tuo pubblico nei momenti opportuni. Dopo aver programmato una campagna su Facebook, puoi vedere quale giorno ha ricevuto più click e sfruttare quest’informazione anche per altre promozioni: scoprirai quando il tuo pubblico è più attivo. Per esempio, pensavo che il Sabato fosse un giorno da escludere per fare promozioni invece si è rivelato uno dei più proficui per il business che stavo promuovendo.

Ora vuoi provare anche tu la pubblicità a pagamento su Facebook?

Io penso che dovresti, anche solo per gioco o testare le tue idee sul tuo target.


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Pubblicità
Il marketing della paura: pubblicita’ shock

Il marketing della paura: pubblicita’ shock

Con marketing della paura si fa riferimento a quel filone dello shock advertising (lett. Pubblicità scioccante) che propone spot che suscitano emozioni negative, legate appunto alla paura e all’apprensione. Questo tipo di pubblicità è molto diffuso in Inghilterra ed in America, ma è quasi sconosciuto all’Italia. In Inghilterra, un’esempio di pubblicità shock è quella che si trova sui pacchetti delle sigarette che riportano foto disgustose di polmoni pieni di catrame o cadaveri; questo genere di promozione attraversa vari canali e luoghi: tv, metropolitana, cartellonistica e via dicendo.

Questa differenza culturale presentata è molto interessante perché potrebbe costituire un’opzione inesplorata nel saturo universo pubblicitario italiano, prima di discutere più a fondo la questione, è meglio riscaldare l’atmosfera con una pubblicità shock inglese di Save The Children 

Questi spot sono molto comuni in televiosne e fanno parte del filone dello shock advertising atto a suscitare paura, angoscia, ansia e tristezza. Nel prossimo paragrafo sarà analizzato anche l’altro filone che invece è legato allo sconvolgimento della morale.

Pubblicità shock all’italiana

Come abbiamo già detto in Italia il fenomeno della pubblicità shock non è molto popolare, almeno nel filone fear arounsing, ovvero gli spot che generano paura. Alcuni attribuiscono questa mancanza al nostro Codice dell’Autodisciplina Pubblicitaria che vieta le forme di sponsor che suscitano paura. Quindi in Italia assieme alle pubblicità ingannevoli sono vietate anche quelle del terrore/orrore.
In effetti, lo stesso tema della pubblicità shock è perlopiù assente dai motori di ricerca, se ne trova menzione solo in pochi blog italiani.

Tuttavia, in Italia esistono le pubblicità shock, quelle afferenti al filone che mira a creare un’emozione di sbigottimento e turbamento nello spettatore: lo spot che vuole scandalizzare, presentare oscenità, violare la morale. Un esempio ne è il celebre Light Blue di Dolce e Gabbana.

Questo tipo di pubblicità sono comuni per i marchi di lusso, che spesso presentano i loro prodotti in associazione alla lussuria, il desiderio e la prestanza fisica.
O ancora i cartelloni pubblicitari che ciclicamente vengono bannati perchè distraggono gli automobilisti o indignano le mogli, come quello di Belen Rodriguez.

Se riflettete sul panorma pubblicitaro italiano vi verranno in mente moltissimi spot che si avvicinano alla pornografia: pubblicità scioccante del filone dell’ “Indignazione”, in teoria anche questo perseguibile dal Codice dell’Autodisciplina Pubblicitaria che vieta l’uso della pornografia.

Pubblicità shock sì o no?

Fin qui, abbiamo capito che l’Italia abbraccia solo la Pubblicità shock filone scandalo, ma non quella legata alle emozioni di paura e compassione, ma perché?

Forse è il nostro temperamento latino che ci fa preferire questo tipo di spot e bannare l’altro?
No, la mia spiegazione è diversa. Io penso che sia un fattore culturale, che si traduce in abitudine. Mi spiego meglio: noi Italiani siamo abituati a vedere nella pubblicità scene di nudo, particolarmente sexy ed ormai non ci facciamo più caso, ci sembrano normali.SHOCK ADVERTISING- pubblicità shock

Proprio per questo motivo in Italia proliferano questo tipo di spot, al contrario nella nostra cultura non rientra la pubblicità shock incentrata sulla paura: un timore scaturito che ci fa riflettere e lascia il segno non è ammissibile.
Certo che, noi Italiani siamo proprio strani, abbiamo il Papa, ci professiamo cattolici e poi accettiamo l’erotismo e non la paura che ci fa riflettere.

La questione sull’efficacia dello shock advertising resta aperta. Io penso che a lungo andare esso non sia molto efficace, ma che colpisca nei prima giorni di lancio e poi, come nel resto delle tattiche di marketing, l’assuefazione fa il suo corso.

Quindi lanciare una bella pubblicità shock che incuta timore sarebbe una bella mossa strategica in Italia: scatenare paura, angoscia, far riflettere in modo violento e scuotere le coscienze è il modo ideale per destare attenzione; i primi marchi che effettueranno questo passo nel nostro panorama potranno godere del vantaggio dei first movers.

Storytelling in televisone: Inghilterra 1 – Italia 0

Storytelling in televisone: Inghilterra 1 – Italia 0

storytelling in televisione

Lo storytelling è una tecnica pubblicitaria che mira a descrivere un brand attraverso il racconto di una storia, anziche una pura pubblicità.

Quindi al centro dello storytelling vi è il profondo coinvolgimento emotivo dello spettatore, che diviene intrepido nell’attesa della fine della storia. Lo storytelling in televione è una tecnica molto poco usata in Italia, proprio per questo gli inglesi ci battono nella partita di Natale: 1 a 0 per loro.

Il video di seguito ne è una rappresentazione : lo spot televisivo di John Lewis, una catena di grande magazzini in Inghilterra.

Commossi? Dopo il video, sicuramente avrete ancora più voglia di Natale e probabilmente l’associazione positiva rimarrà con voi nel caso in cui vi ritrovaste ad entrare nel negozio.

Storytelling in televisione, l’unica tecnica che cattura

In Italia, purtroppo si tende invece ad associare lo storytelling solo alla comunicazione online, tuttavia esso si adatta perfettamente al mezzo televisivo, perché capace di disporre le immagini in un contesto narrativo d’eccezione.

Guardare questi spot, non provoca fastidio o la voglia di cambiare canale, ma anzi ci fa sognare, ci delizia, ci emoziona e ci fa riflettere.

Ecco un altro esempio ben riusciuto di storytelling in televisione di Natale, sembra proprio che gli inglesi si divertano a farci piangere….

Anche questo è lo spot di una catena, Boots, profumerie e farmacia al contempo.

Lo storytelling in televisione potrebbe essere la soluzione efficace alla nostra progressiva desinsibilizzazione alla pubblicità. Tentativi, in questo campo, sono stati fatti  nel panorama televisivo italiano, ma vi sono veramente pochi casi memorabili di efficace storytelling televisivo. Vi sono piuttosto, molti casi in cui si prova ad affrontare lo spot con l’intenzione di creare una bella storia, un racconto, ma si finisce con il confezionare spot superficiali, troppo brevi o banali: appreziamo l’impegno, ma spero che gli Inglesi siano di ispirazione.

Questo è un ulteriore esempio di storytelling in televisione da parte di una catena Sainsbury’s questa volta un supermercato.

Insomma, quest’anno abbiamo perso il match di natale per lo storytelling in televisione, ma speriamo di vincere l’anno prossimo.